Credit Data Research Italia

Il Nuovo Codice della Crisi d'Impresa

La normativa impone il monitoraggio delle performance aziendali: la disciplina non è più orientata al fallimento, ma al ripristino e mantenimento della continuità aziendale.

misure ed assetti organizzativi contro la crisi

La Crisi d'Impresa

La recente riforma del Codice della Crisi d’Impresa introduce un aspetto fondamentale che coinvolge tutte le aziende: l’obbligo di dotarsi di misure ed assetti organizzativi per rilevare e prevenire situazioni di crisi.
La legge nel dettaglio prevede che oggi l’impresa debba obbligatoriamente dotarsi di misure ed assetti organizzativi che devono consentire di verificare eventuali squilibri patrimoniali o economico-finanziari e la sostenibilità dei debiti, dimostrando una prospettiva di continuità aziendale per almeno i dodici mesi successivi. Seppur il sistema debba essere ovviamente adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, la normativa di fatto estende comunque a tutti l’obbligo di verificare la sostenibilità degli impegni finanziari assunti.
Questo approccio preventivo alla gestione della crisi d’impresa impone perciò a tutte le aziende di rafforzare i sistemi di controllo interno, rendendo indispensabili strumenti di programmazione come il piano industriale ed il budget.

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CRISI D'IMPRESA

La Crisi d’Impresa e il Nuovo Codice del 15 luglio 2022

La Crisi d’Impresa rappresenta un argomento estremamente sensibile, che racchiude in sé i progetti, le speranze, l’impegno e il lavoro di imprenditori e lavoratori che, all’insegna della tanto citata “resilienza” sono costretti ad adattarsi per non soccombere in un contesto caratterizzato da una situazione post-pandemica accompagnata da instabilità economica e politica.

Non è raro imbattersi nella notizia della chiusura di attività commerciali e fabbriche messe in difficoltà oggi a causa della crisi energetica, domani per problemi di approvvigionamento, liquidità, competitività sui mercati. Si tratta di eventi che non raramente hanno conseguenze sociali ed economiche rilevanti.

La procedura identificata con la crisi d’impresa era il fallimento. L’imprenditore in crisi era definito fallito, con tutte le conseguenze non solo finanziarie di un marchio così altisonante.

A partire dal luglio 2022 si è fatta strada una nuova concezione della Crisi d’Impresa: non più la fase iniziale di un declino che deve tendere necessariamente alle procedure di liquidazione, ma piuttosto l’evidenza di una situazione di difficoltà che può essere tempestivamente rilevata e risanata a salvaguardia della continuità aziendale, attraverso una serie di strumenti di cui la liquidazione giudiziale rappresenta solo la soluzione più estrema in caso di irreversibilità.

Obiettivo del Nuovo Codice della Crisi d’Impresa è quindi il monitoraggio di una serie di fattori determinanti per gli equilibri aziendali, dalla cui rilevazione possano emergere segnali di allerta a prevenzione di possibili situazioni di crisi, per avere l’opportunità di intervenire sui fattori di squilibrio ancora prima che si manifestino situazioni di difficoltà. Prevedere e prevenire la crisi diventa prioritario e vengono delineati precisi strumenti (concordato, accordo di ristrutturazione, piano di risanamento) di salvaguardia della continuità, delineando la liquidazione giudiziale come ultima procedura utile in caso di crisi irreversibile.

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L’elaborazione dei dati gestionali è integrata con un sistema di monitoraggio che è in grado di rilevare eventuali criticità in modo efficiente e tempestivo, permettendo di effettuare interventi correttivi prima che si verifichino situazioni di crisi, salvaguardando la continuità aziendale.

COS'È

Cosa s’intende per Crisi d’Impresa?

L’art. 2 del D.Lgs. 14/2019 dà la definizione di crisi: “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi

Tale impostazione presuppone che, considerato sul piano economico-finanziario, lo stato di crisi di un’azienda possa definirsi come una situazione d’incapacità, tendenziale e temporanea dell’impresa, misurabile ex ante a livello probabilistico, di generare in via continuativa e non episodica, un adeguato flusso di cassa operativo.

La crisi aziendale può manifestarsi in seguito a fattori sia di natura esogena che di natura endogena. Tra i fenomeni endogeni, la situazione più frequente è la crisi di liquidità solitamente caratterizzata da aspetti che, se gestiti in modo errato, possono compromettere la continuità aziendale:

  • una struttura finanziaria sbilanciata (es. il finanziamento di investimenti con linee di breve termine),
  • una errata gestione del circolante commerciale (dilazioni ai fornitori inferiori rispetto ai clienti, gestione inefficiente del magazzino, ecc.).

La crisi evidenzia una probabilità di manifestarsi di una situazione di insolvenza, non ancora percepibile dai soggetti terzi (in quanto l’azienda continua temporaneamente ad adempiere alle proprie obbligazioni) ma tempestivamente rilevabile dal monitoraggio dei principali indicatori economico-finanziari.

È da sottolineare che solo nel momento in cui una situazione di crisi diventa irreversibile l’azienda sperimenta il vero e proprio stato di insolvenza.

Il monitoraggio delle performances aziendali diventa quindi strategico nella rilevazione tempestiva di un’eventuale situazione di crisi, al fine di mantenere la continuità aziendale intervenendo prima che si manifesti un effettivo stato di insolvenza. Il controllo deve essere perciò sistematico, integrando due tipologie di approccio complementari:

  • La visione backward-looking che fotografa lo stato di salute dell’impresa negli ultimi esercizi e nell’esercizio in corso, permettendo di valutare eventuali squilibri in termini di redditività, solvibilità e liquidità.
  • La visione forward-looking che prevede una valutazione prospettica della capacità dell’azienda di generare flussi di cassa netti positivi utili a ripagare i flussi di debito dell’azienda nell’arco dei 12 mesi successivi.
NEWS

Quali sono le novità dal Nuovo Codice della Crisi d’Impresa?

Il Nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza introduce nuovi ed interessanti aspetti per la normativa:

  • obblighi di salvaguardia finalizzati alla rilevazione di situazioni di crisi e a promuovere l’adozione di strumenti a supporto dei processi di ristrutturazione nella fase iniziale;
  • un approccio più orientato alla continuità aziendale che all’attuazione di procedure che conducano alla liquidazione dell’impresa;
  • disposizioni maggiormente specifiche in merito ad insolvenza o ristrutturazione di gruppi di imprese.

Quando è entrato in vigore il Nuovo Codice della Crisi d’Impresa?

La storia del Nuovo Codice della Crisi d’Impresa è caratterizzata in fase iniziale da una serie di rinvii e modificazioni. Il 15 giugno 2022 il governo italiano introduceva ulteriori modifiche al nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Decreto Legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019 o “CCII“), dando attuazione della Direttiva UE 2019/1023 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione (la “Direttiva sull’Insolvenza“)e che andava a modificare la direttiva UE 2017/1132.

Il Nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza sarebbe dovuto entrare inizialmente in vigore a partire dal 15 agosto 2020, ma a causa dell’emergenza sanitaria Covid19 ha subito numerosi rinvii, anche al fine di recepire i principi della Direttiva sull’Insolvenza. Con decorrenza 15 luglio 2022, la nuova legge sostituisce la precedente legge fallimentare italiana (Legge Fallimentare, Regio Decreto n. 267 del 16 marzo 1942, “LF“).

NORMATIVA

Il significato dell’adeguatezza degli asset organizzativi

Al fine di prevenire le crisi aziendali e favorirne una tempestiva rilevazione, il sistema di allerta che veniva proposto nelle versioni precedenti della riforma è stato sostituito da un insieme di norme inserite nel Codice della Crisi e dell’Insolvenza (art. 3) e nel Codice Civile (art. 2086) focalizzate sulla responsabilità per l’azienda in merito alla predisposizione di adeguate misure organizzative, amministrative e contabili in funzione della natura e delle dimensioni dell’impresa, con diversi livelli di adempimento per gli imprenditori individuali e per le società.

Nel momento in cui tutto il sistema di tutele risulta concepito per permettere alle imprese di individuare l’instabilità finanziaria e di misurare la sostenibilità dell’indebitamento e le prospettive di continuità aziendale, almeno per il successivo anno, lo scenario impone a tutte le imprese di considerare la programmazione di bilancio e la pianificazione industriale come elementi determinanti.

L’art. 3 CCII evidenzia inoltre specifici segnali di allarme in cui gli organi sociali sono chiamati ad attivarsi per il superamento della crisi finanziaria, nello specifico:

  1. ritardi sui pagamenti degli oneri retributivi scaduti da almeno 30 giorni in misura superiore alla metà del totale delle passività mensili;
  2. passività verso fornitori scadute da almeno 90 giorni in misura superiore alle passività non scadute;
  3. esposizioni nei confronti del sistema creditizio e di intermediari scadute da oltre 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché’ rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni
  4. una o più delle esposizioni debitorie oltre le soglie verso i cosiddetti “creditori pubblici qualificati”.

La norma privilegia gli interessi dei creditori rispetto a quelli di soci e imprenditori: in caso di situazione potenziale di crisi è possibile richiedere l’accesso online alla Camera di Commercio per attivare la procedura di Composizione Negoziata.

FOCUS

Composizione Negoziata e gli obblighi di segnalazione

La Composizione Negoziata (artt. 12-25-quinquies CCII) consiste in un accordo volontario effettuato attraverso una piattaforma online, confidenziale e stragiudiziale a cui è possibile accedere da parte di qualsiasi impresa si trovi in una situazione di instabilità finanziaria o economica, laddove esista la probabilità che si manifestino situazioni di crisi o di insolvenza, ma per cui si valuta la possibilità di un recupero.

La Composizione Negoziata presuppone la supervisione da parte di un consulente indipendente che assista alle trattative per il recupero della stabilità economica e finanziaria. La nomina del consulente non coincide con l’avvio di un vero e proprio processo di ristrutturazione, né comporta la dismissione degli asset dell’azienda, i cui amministratori continuano a occuparsi dell’attività ordinaria e straordinaria (effettuare pagamenti o farsi autorizzare dal tribunale a richiedere finanziamenti assistiti da prelazione ecc.). La gestione della società deve ovviamente essere condotta in modo da non compromettere la sostenibilità economica e finanziaria dell’impresa e “nell’interesse prevalente dei creditori” in caso emergano rischi di insolvenza.

L’utilizzo di questo strumento è favorito da misure che consentono di consolidare la posizione finanziaria dell’azienda:

  • la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione e delle cause di scioglimento in caso di riduzione o perdita del capitale sociale e
  • la possibilità per la società, al momento della nomina del consulente o in una fase successiva, di richiedere al tribunale provvedimenti protettivia tutela del patrimonio sociale.

Queste misure devono essere pubblicate nel Registro delle Imprese, con parziale rinuncia alla riservatezza della Composizione Negoziata. Gli istituti finanziari hanno un ruolo rinnovato nel processo di negoziazione, a cui sono invitati a partecipare “attivamente”.

Le trattative possono concretizzarsi in accordi e strumenti di risoluzione atti a superare la situazione di crisi, oppure l’impresa può richiedere l’accesso alle procedure concorsuali di ristrutturazione previste dal Codice dell’Insolvenza:

  • gli accordi di ristrutturazione,
  • i piani di risanamento,
  • il concordato preventivo,
  • il nuovo concordato preventivo “semplificato”.

Il legislatore ha introdotto obblighi di segnalazione per gli organi di controllo delle società, che sono tenuti a riferire agli organi amministrativi societari in merito all’accesso alla Composizione Negoziata: lo scopo ultimo è proprio giungere ad una risoluzione tempestiva di eventuali situazioni di crisi.

Inoltre, i cosiddetti “creditori pubblici qualificati” sono tenuti a segnalare agli organi amministrativi della società e all’organo di controllo, se presente, il superamento di determinate soglie di esposizione – come stabilito dall’Art. 25 novies CCII – e invitare l’azienda ad avviare una Composizione Negoziata se sussistono le relative condizioni.

A prescindere dagli obblighi di segnalazione, la procedura della Composizione Negoziata rimane per l’azienda uno strumento facoltativo e da attuare su base volontaria.

Gli accordi di ristrutturazione e i piani di risanamento

Per definizione l’accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 57 d. lgs 14/2019) rappresenta “un mezzo di risanamento a cui l’impresa in crisi ricorre per tentare di ridurre l’esposizione debitoria ed assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria”.

Gli accordi di ristrutturazione venivano già regolamentati dagli ultimi emendamenti alla legge fallimentare previgente, con l’introduzione degli accordi di ristrutturazione “agevolati” e degli accordi di ristrutturazione “a efficacia estesa” (art. 57 CCII). In particolare:

  • l’accordo di ristrutturazione “agevolato” ha il vantaggio di richiedere un quorum inferiore per il consenso dei creditori: l’accordo deve essere approvato dai creditori rappresentanti il 30% dell’indebitamento (rispetto al 60% degli accordi di ristrutturazione ordinari), purché la società
    • non abbia presentato un’istanza di concordato preventivo semplificato “in bianco” o abbia richiesto altre misure di tutela provvisorie;
    • i creditori che non aderiscono all’accordo siano liquidati tempestivamente;
  • l’accordo di ristrutturazione “a efficacia estesa” consente di estendere ai creditori ‘dissenzienti’ le principali disposizioni dell’accordo.

Anche i cosiddetti imprenditori ‘non commerciali’ possono inoltre, a determinate condizioni, procedere al risanamento del loro debito mediante l’accordo di ristrutturazione.

Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione

Il CCII offre un nuovo strumento più flessibile pur nella tutela degli interessi dei creditori: il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (art. 64 bis e ss. CCII).

Questo strumento permette di fare in modo che ai creditori non vengano applicate le regole generali in materia di pagamenti/distribuzioni concorsuali, inoltre:

  • il piano di ristrutturazione non deve necessariamente attenersi al disposto dell’art. 2740 cod. civ. che prevede l’assegnazione dell’intero patrimonio presente e futuro del debitore al fine di soddisfare i creditori, né al principio della par condicio creditorum previsto dall’art. 2741 cod. civ.;
  • il piano deve prevedere diverse classi di creditori, tenuto conto della loro qualificazione giuridica e dei rispettivi interessi economici; e
  • le retribuzioni dei dipendenti devono essere soddisfatte entro 30 giorni dall’omologazione.

Il piano è soggetto a controllo del tribunale e agli amministratori della società è fatto obbligo di condurre la gestione ordinaria e straordinaria sempre nell’interesse prevalente dei creditori, sotto la supervisione di un commissario giudiziale.

L’approvazione del piano presuppone il voto favorevole di tutte le classi di creditori a maggioranza assoluta, oppure dei due terzi dei partecipanti al voto, a patto che i creditori che rappresentano almeno la metà dei crediti della stessa classe partecipino al voto (nuovo meccanismo di voto introdotto dal recente codice).

Il concordato preventivo semplificato

Il concordato preventivo semplificato (artt. 84-120 CCII) eredita in gran parte le caratteristiche delineate dalla previgente legge fallimentare: si tratta di uno strumento che consente alle imprese in difficoltà finanziaria di proporre un piano concordatario subordinato all’approvazione da parte dei creditori.

Se espressamente richiesto e concesso dal tribunale, i creditori preconcorsuali non potranno più avviare o proseguire azioni esecutive o recuperatorie a far data dalla presentazione dell’istanza. Inoltre, per garantire la continuità delle forniture, i creditori preconcorsuali non possono unilateralmente rifiutarsi di onorare i contratti in essere o di risolverli unicamente a causa di crediti pregressi insoluti (Art. 18 CCII).

Il piano deve perciò essere sottoposto a votazione e approvato dalla maggioranza dei creditori, omologato dal tribunale e attuato. La gestione della società è affidata agli amministratori sotto la supervisione di un commissario giudiziale, e gli atti di amministrazione straordinaria richiedono l’approvazione del tribunale.

La legge incoraggia quanto più possibile la continuità aziendale rispetto alle procedure liquidatorie e disciplina due tipi di concordato preventivo semplificato:

  • Concordato preventivo semplificato con continuità aziendale (diretta o indiretta) – Il piano concordatario deve essere certificato da un esperto indipendente che valuta in che modo la continuità aziendale possa soddisfare al meglio gli interessi dei creditori. Deve prevedere diverse classi di creditori, in base alla loro qualificazione giuridica e ai rispettivi interessi economici. Questa tipologia di concordato preventivo semplificato prevede che il soddisfacimento delle pretese dei creditori non debba necessariamente derivare, in primis, dai proventi derivanti dalla cessione o dall’affitto dell’azienda o di un ramo d’azienda;
  • Concordato preventivo semplificato con finalità liquidatorie (soluzione residuale) – A favore della continuità aziendale, l’accesso a tale strumento è consentito solo se le risorse patrimoniali dell’azienda aumentano (mediante apporti esterni) di almeno il 10% rispetto a un’ipotesi di liquidazione giudiziale, e comunque non sono inferiori al 20% delle passività residue. Le risorse esterne possono essere assegnate senza dover osservare la cd. absolute priority rule.

In parziale deroga a tale regola, il valore derivante dalla liquidazione dell’attivo deve essere assegnato ai creditori in base al criterio della cd. priorità assoluta, mentre la plusvalenza derivante dalla continuità aziendale può essere assegnata ai creditori in base alla regola della cd. priorità relativa. Ciò significa che è sufficiente soddisfare i crediti compresi in una classe con un trattamento almeno pari a quello delle classi di pari grado e più favorevole di quello delle classi di grado inferiore.

Ulteriore indice di focalizzazione sulla tutela della continuità aziendale è rappresentato dalla possibilità di presentare una domanda di concordato ‘in bianco’ o prenotativo: a partire dalla data di presentazione della domanda, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni recuperatorie o esecutive e non possono unilateralmente rifiutarsi di adempiere ai contratti in essere o risolverli per effetto della domanda concordataria. Ovviamente il tribunale stabilisce che l’azienda è tenuta a presentare una proposta e un piano concordatario completo entro un termine di 30/60 giorni, prorogabile di ulteriori 60 giorni per giustificati motivi.

Per le piccole imprese Il Codice dell’Insolvenza ha inoltre introdotto la procedura semplificata del concordato ‘minore’.

La liquidazione giudiziale

La liquidazione giudiziale sostituisce il “vecchio” fallimento previsto dalla normativa previgente il Nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Si tratta di una procedura interamente finalizzata alla liquidazione dei beni di un imprenditore o di una società insolvente (artt. 121-283 CCII).

In questo contesto emerge con forza la volontà del legislatore di promuovere procedure di regolamentazione delle crisi che favoriscano la continuità aziendale e il risanamento dell’impresa, ove possibile, e che si basino su una maggiore autonomia dei soggetti coinvolti, dal debitore ai creditori, abbandonando una precedente impostazione incentrata sulla liquidazione dell’attivo. Viene data infatti priorità alle domande di accesso agli strumenti volti alla ristrutturazione aziendale rispetto alla liquidazione giudiziale (anche collocando le disposizioni in materia di liquidazione successivamente a quelle che disciplinano le procedure finalizzate al risanamento). Si recepisce inoltre la tendenza di diversi paesi europei a non adottare il termine “fallimento” in quanto storicamente connotato in maniera negativa.

Il nuovo strumento è rivolto alla semplificazione e alla velocizzazione della procedura di liquidazione con alcune novità:

  • la centralità del ruolo del curatore, che può promuovere autonomamente le azioni di responsabilità senza dover attendere il parere del comitato dei creditori e l’autorizzazione del tribunale; inoltre, sono stati introdotti nuovi obblighi informativi in capo al curatore, che deve ora tenere e aggiornare regolarmente un registro accessibile al tribunale e al comitato dei creditori;
  • l’anticipazione del periodo sospetto per le azioni di recupero al momento della presentazione dell’istanza di fallimento (non più a partire dall’apertura del fallimento);
  • un diverso ruolo del comitato dei creditori, non più necessario nell’ambito delle procedure minori e semplificato in caso di liquidazione giudiziale;
  • l’estensione dell’ambito di applicazione dei principi volti a ristabilire la figura del fallito secondo la cosiddetta regola del “fresh start“.

Gruppi di imprese

Un gruppo viene identificato utilizzando il concetto di “direzione e coordinamento” ai sensi dell’art. 2497 cod. civ.: è definito come un gruppo di società, imprese ed enti diretti e coordinati da una società, un ente o una persona. Nell’ottica di far fronte in modo unitario ad eventuali difficoltà che possono colpire tutte o alcune imprese appartenenti ad un gruppo, il Nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza introduce significative novità. Nello specifico l’accesso di un gruppo agli strumenti per la ristrutturazione aziendale, prevede che le imprese in difficoltà presentino:

  • un’unica domanda di ammissione a concordato preventivo semplificato congiunto o di approvazione di un accordo di ristrutturazione;
  • richieste autonome relative a ciascuna società del gruppo, seppure con l’obbligo di informare le altre, in modo da garantire il necessario coordinamento tra le varie procedure.

In caso di insolvenza di più società appartenenti allo stesso gruppo, è prevista un’unica procedura di liquidazione giudiziale.

LE FONTI

I riferimenti normativi per il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza 2022

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 152 del 01 luglio 2022 del decreto legislativo 17 giugno 2022, n. 83, sono state apportate delle modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1023 sui quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la Direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza – Direttiva Insolvency).

Diverse disposizioni presenti nel Codice dell’Insolvenza richiedono ancora adeguate implementazioni e l’adozione di regolamenti esecutivi, si prevede perciò la possibilità di integrazioni alla normativa nel prossimo futuro.